Intanto ho vinto la scommessa con me stesso: sono arrivato al post zero, vi ho massacrati per 50 giorni senza saltarne uno, e voi non solo mi avete seguito ma mi avete pure incoraggiato, garantendomi piccoli risarcimenti narcisistici. E sappiate che non è finita: non escludo che il Countdown diventerà un libretto. Anche se l’editore (scaramanzia?) mi ha detto: “Sì, facciamolo, ma riparliamone lunedì 5”.
Di tutto si riparlerà domani. Quando il sole sorgerà come sempre, io farò il mio irrinunciabile strechting mattutino, la colazione abbondante e l’elenco mentale delle cose da fare in giornata. Proprio come oggi. Salvo che è domenica, tutto ha tempi più distesi e di impegni ce ne sono solo due: uno alle 15 (zitti, lasciatemi stare, non fiatate…), l’altro in mattinata, quando celebrerò il rito laico del voto.
Per molti anni non ho votato. Dal 2000, per la precisione. Sono tornato a farlo nel 2014, lo rifaccio oggi. Perché mi piace la riforma ma – forse soprattutto – perché do fiducia ad una nuova e giovane classe dirigente. Penso che Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e gli altri siano bravi, abbiano voglia di fare e possano rimettere in sesto questo nostro benedetto paese. Più semplice di così non so dirvela.
Non c’è niente di più bello e piacevole che fidarsi, e mi dispiace che diversi miei simili vivano in una condizione di perenne sospetto: diffidenti, con un grugno eterno dipinto sul volto, le sopracciglia aggrottate e gli angoli della bocca rivolti verso il basso. Quando li vedo e li ascolto, vorrei dirgli che non fidarsi degli altri è tipico di chi non si fida di sé. Mentre investire in fiducia garantisce sempre un ritorno. Non crea deresponsabilizzazione, ma socialità, condivisione, comunità. Alimenta il circuito virtuoso dell’ottimismo e del futuro. Insomma quello di cui oggi l’Italia ha bisogno più del pane. Buona giornata e a domani. Anzi no. Domani silenzio postelettorale.