Mentre noi ci concentravamo per cambiare l’Italia e adeguarla al mondo, il mondo ci è repentinamente cambiato sotto gli occhi. Pensavamo di rilanciare l’Europa da protagonisti, con istituzioni nuove: questo era il disegno ambizioso e ingenuo. Neppure il tempo di leccarci le ferite del 4 dicembre, e ci ritroviamo con Trump che elogia la Brexit, dichiara obsoleta la Nato e prende a schiaffi l’Europa che non c’è, mentre la Cina si propone come il baluardo culturale e strategico – oltre che economico – della globalizzazione.
Così ora ci guardiamo intorno smarriti. Il mondo ci sembra improvvisamente enorme e lontano. Inafferrabile per un piccolo paese destinato al declino. Che fare? Rimanere attaccati al feticcio europeo? Difendere da merci e persone estranee le nostre frontiere-colabrodo? Riarmare politiche di protezione sociale, con lo stellare debito pubblico che ci ritroviamo? Che ruolo ritagliarsi nella nuova, grande trasformazione?
Un leader nazionale deve fornire risposte a queste domande. E io non le pretendo subito da Matteo Renzi. Chi gliele chiede ora è un ignorante o è in malafede. Quello che sta accadendo va analizzato, compreso, metabolizzato: per farlo seriamente, c’è bisogno di tempo. L’importante, però, è capire la direzione di marcia che si prende. Se è quella che consigliano alla sinistra Bersani &C (“La parola d’ordine è protezione”), non si andrà da nessunissima parte. Immaginare di riconquistare i deboli con la droga dell’assistenza e del denaro pubblico è obiettivo, prima che sbagliato, totalmente irrealistico. Perché i demagoghi antisistema potranno sempre permettersi – come a Roma in queste ore – di dare più soldi ai netturbini per farli lavorare meno; una sinistra di governo, attenta a conti e compatibilità, non potrà mai farlo. Neppure nella versione bersaniana più hard e coatta.
Il populismo si sconfigge con il mercato, non con la redistribuzione. Il mondo è uno solo, connesso e mosso dal mercato, il solo strumento che abbiamo a disposizione per creare ricchezza e proteggere i più deboli. L’Italia può difendersi e crescere solo se si rinnova, si apre, e fa la sua onesta parte nel mondo nuovo. Queste cose vanno dette in partenza, prima di incamminarsi di nuovo. Quindi, non è questione di uno o tre pullman. Il problema è decidere che strada prendere.