Nella sfida all’ultimo fake, stavolta pare abbia ragione il Fatto Quotidiano, che ricostruisce con maggiore correttezza di Repubblica e Corriere le conversazioni su Whatsapp tra un dirigente del M5S e il sindaco di Roma. Per gli appassionati del genere, la (presunta) notizia riguarda la (presunta) difesa di un dirigente del Comune da parte di un parlamentare (Di Maio) che con il Comune non c’entra niente, ma nelle conversazioni con il sindaco (Raggi) pare poter decidere ruoli e funzioni da assegnare al dirigente in questione (Marra, attualmente arrestato per corruzione, in attesa di processo).
Al di là dell’ennesima, tristissima conferma dei rapporti incestuosi tra stampa e magistratura (perché e come vengono fuori ora queste chat?), c’è un punto di fondo che nessuno non dico mette in evidenza, ma neppure accenna. E’ ammissibile, è tollerabile che un dirigente di partito (Di Maio è responsabile degli Enti Locali per il M5S) metta bocca in nomine che non possono che spettare solo e soltanto al sindaco, cioè ad un’autorità istituzionale eletta dal popolo e rappresentante di un’intera città?
Qui c’è il nodo più avvilente e scoraggiante dell’ultima puntata della pochade romana. A me non frega niente dei giudizi di Di Maio su Marra. Mi preoccupa molto, invece, che il sindaco di Roma non abbia la possibilità, la forza e l’autorità di decidere per conto suo quali dirigenti nominare, promuovere, rimuovere (e si badi, non stiamo parlando di assessori, inevitabilmente sottoposti a logiche politiche, ma di pezzi dell’apparato pubblico), senza sottostare a diktat puramente partitocratici. Con l’aggravante che, nel caso del M5S, non parliamo di un partito ma di una vera e propria setta. Cioè di una formazione che prende le sue decisioni in maniera oscura, sottoposta agli umori di un vertice che fa il bello e cattivo tempo senza sottoporsi mai, proprio mai, ad alcuna verifica democratica.
(Roba che, di fronte allo spettacolo grillino, verrebbe da dire: viva il caos, l’oscena, continua e pubblica gazzarra del Pd. Se questo non fosse un insulto al buonsenso del giusto mezzo).