Proviamo a prendere in esame i fatti, parlando di Sicilia. Cose reali, numeri, dati: tutta roba che in generale non interessa. E partiamo dal Pd, che nelle scorse elezioni regionali prese il 13.4% dei voti. Niente di strano, da quelle parti la sinistra non ha mai contato niente. Il Pd e le “cose” che l’avevano preceduto avevano preso il 18.7% nel 2008, il 14% nel 2006, il 10.3% nel 2001, il 13.3% nel 1996, il 10.5% nel 1991, e via raccattando percentuali minime, da sempre (anche il mitologico Pci dei Macaluso prendeva sì e no intorno al 20% nelle amministrative).
Veniamo poi alle coalizioni. Nel 2012 Crocetta vinse le regionali (mettendo insieme un misero 30%) solo e soltanto perché la destra era divisa, altrimenti il centrosinistra non avrebbe mai vinto, come non ha mai vinto nella sua storia siciliana. Nella tabella riportata, Salvatore Vassallo ha dimostrato bene e agevolmente che anche aggregando con molta buona volontà le forze, il centrosinistra è stato sempre minoranza in una terra serenamente conservatrice, che considera la politica con supremo scetticismo e la valuta solo per le capacità di far funzionare il “tubo che trasporta soldi dal Continente all’isola”, secondo la felice espressione di un mio amico.
Quindi, a sto giro, siccome due più due fa quattro, il Pd siciliano fa pena come sempre, la sinistra è spaccata e la destra si presenta unita (con la possibilità che si riprenda una buona fetta di voti grillini in libera uscita), il risultato di domenica prossima è scontato. (Detto – ed è, ovviamente, la prima ragione del risultato annunciato – che la sinistra andrà a casa innanzitutto perché ha governato non male ma malissimo in questi anni, con un personaggio da operetta come Crocetta, candidato nel 2009 alle Europee dall’allora segretario del Pd Franceschini, e promosso Presidente della Regione nel 2012 da Bersani, che faceva le prove generali della mobilitazione della società civile, quella che avrebbe prodotto l’anno dopo i capolavori Boldrini e Grasso).
Questa è la banale realtà siciliana, di facilissima lettura. Lo sarebbe finanche per i giornalisti e i commentatori che invece stanno montando da settimane la panna delle “elezioni-laboratorio che anticipano l’Italia” e mettono in scena l’ennesima puntata della fiction “Morte a Renzi”. Perché lo fanno? Molto banalmente perché sono sommamente ignoranti (qui bisogna ricordarsi di dire “quasi tutti”, ché altrimenti arriva sempre qualcuno col ditino alzato…): non studiano, non leggono, non conoscono dati, vicende, storie, non sono capaci di analisi sofisticate. In secondo luogo perché sono perlopiù tifosi alle dipendenze di una causa (generalmente – di questi tempi – va forte l’alimentazione della fiction di cui sopra). Infine perché sono letteralmente obbligati a inventarsi storie. Dalle storie che inventano dipende la loro materiale sopravvivenza e il loro stipendio mensile (in nessun paese civile il mercato della notizia politica è fiorente come in Italia, con intere paginate quotidiane, alati commenti e finti retroscena, talk show sul nulla: è un mercato che non produce vendite o ascolti ma funziona molto bene come strumento di pressione e di lobby).
Così è nato e si svilupperà fino a lunedì prossimo il Grande Bias delle elezioni siciliane. Roba che farà male a Renzi sul piano del marketing politico (vedrete nei sondaggi delle settimane successive al voto come scenderà il Pd), ma che non produrrà alcun effetto politico reale. Se non quello di aumentare la chiacchiera vacua, vero sport nazionale.
PS. E allora perché Renzi – mi chiede qualcuno – non ha lavorato per fare alleanze in Sicilia e alimentare qualche speranza di vittoria? Semplice. Perché a sinistra, fuori dal Pd, ci sono i killer dichiarati della fiction di cui sopra, che mai si sarebbero alleati con il loro nemico giurato. E Renzi è stato uno stupido ad accettare il diktat della sinistra interna, che gli ha impedito di allearsi con Cuffaro e di avere qualche chance in più.