I tre commedianti

Nella deprimente sentina della politica italiana, i tre signori in questione sono i protagonisti dell’imbroglio del momento. Lo sono a pari merito, tutti e tre. Uno (il font Eugenio) perché, a dispetto delle sue lezioni domenicali di dettato costituzionale, accredita un’interpretazione del tutto truffaldina delle scelte che saremo chiamati a compiere prossimamente con il voto. Gli altri due godono perché pensano di giovarsi del falso scenario che il Fondatore avalla (ci sarebbe anche un quarto imbroglione, quello che chiede a Scalfari: “Se dovesse scegliere tra Di Maio e Berlusconi, chi voterebbe?”. Ma ha colpe minori, perché nel giornalismo italiano fare una domanda senza fondamento è la norma…).

I tre sanno perfettamente che a marzo prossimo o quando sarà intanto non sceglieremo un governo: voteremo per i partiti su base proporzionale, eleggendo così il 64% dei parlamentari, e per candidati nei collegi territoriali, su base uninominale e maggioritaria, per il restante 34%. Il risultato sarà un Parlamento fatto di molti gruppi politici, senza una maggioranza precostituita, in cui il governo che nascerà – se nascerà – sarà frutto di necessarie alleanze postelettorali. Tantomeno sceglieremo un primo ministro. Possiamo già da ora essere sufficientemente sicuri che non saranno premier né Berlusconi (posto che da Strasburgo gli ridiano agibilità politica) né Di Maio, e neppure lo saranno Salvini o Renzi. Per un motivo ovvio: nessuno dei leader sarà disposto ad incoronare un suo nemico, dopo una campagna elettorale fatta con il coltello tra i denti. Il governo di coalizione che nascerà – se nascerà – sarà quindi capeggiato da una figura meno caratterizzata e divisiva, e non potrà prescindere dal Pd, forza centrale del sistema per quanti pochi voti possa prendere.

E’ tutta roba nota, direte. Andatelo a spiegare ai tre commedianti e a quelli che gli vanno dietro nello stupidissimo gioco del chi mi piace di più o del chi butterei dalla torre.