La parola giusta è spaesamento, quel “senso di smarrimento ed estraneità – recita il dizionario – provato da chi si trova in un luogo o in ambiente nuovo e sconosciuto”. L’ho provato ieri sera, vedendo il professor Conte snocciolare la sua lista di ministri. A voler aggiungere un aggettivo, l’ho sentito personalmente come uno spaesamento liberatorio. Da molto, troppo tempo si prolungava quel tunnel infinito chiamato vaffa, nel quale siamo entrati tutti una decina d’anni fa: un percorso di guerra che ha tolto fiato e lucidità all’intero paese, ha esacerbato gli animi all’inverosimile, lasciando dolorosamente sul terreno chi ha tentato con generosità di gestire e deviare il cammino della grande onda populista. Il tunnel doveva solo finire, dovevamo tutti vedere l’aria.
Ora il panorama che ci si staglia davanti è sconosciuto, avvolto nelle nebbie. Chi nel tunnel ci ha ficcato non sa bene dove andare. Chi non ci voleva entrare non può tornare indietro. Il compito di tutti è sondare il luogo inesplorato in cui ci ritroviamo, prendendogli le misure, cambiando i punti di vista, allargando lo sguardo. Sperando che chi oggi ci guida alla scoperta dell’ignoto ci conduca nella direzione giusta: se accadrà, saremo tutti contenti. Chi invece non gradisce il cammino intrapreso, non deve sbraitare né piagnucolare. Deve innanzitutto capire dove vuole andare, riaprendo progressivamente gli occhi dopo il lungo buio di questi anni e scrutando con umiltà il nuovo mondo. La società che abbiamo lasciato all’ingresso del tunnel non esiste più. Chiunque si giri da quella parte per recuperare forze e ripartire è un illuso. O capisce come si vive da questa parte del tunnel o non sarà neppure nominato nei titoli di coda.