Come ha giustamente detto Sergio Fabbrini sul Sole 24ore con parole che non ammettono repliche, “la nostra democrazia è sbilanciata perché manca il principale contrappeso politico del governo, l’opposizione parlamentare”. Alla radice del problema c’è lo stato confusionale in cui versano FI e Pd. FI non è in grado di fare opposizione per non rompere con la Lega; il Pd è senza leadership e senza linea politica, non essendo chiaro a nessuno se immagina per il futuro un rassemblement della vecchia sinistra che strizza l’occhio a pezzi di M5S, o la costruzione di un’alleanza europeista di ispirazione macroniana.
In questo quadro la manifestazione proposta dall’attuale vertice del Pd per il 29 settembre è un grave errore. Perché chiama alla mobilitazione contro il governo gialloverde, ma inevitabilmente acuirà le divisioni nel campo dell’opposizione. Qual è la sua piattaforma politica? Ha senso che la convochi un gruppo dirigente provvisorio, non legittimato da un congresso che tutti sostengono si debba fare ma nessuno convoca? La si fa perché (Guerini) “il nostro popolo ce la chiede”?
Niente di più sbagliato. Alla seconda (seconda) forza politica del paese, gli italiani chiedono chiarezza di linea e una leadership autorevole che possa far nascere un’opposizione credibile, in grado di avviare la costruzione di un’alternativa. A queste condizioni in tanti (non militanti, ma elettori seriamente preoccupati della deriva del paese) sarebbero anche disposti a scendere in piazza. In mancanza di questi presupposti, la manifestazione del 29 nasce come pura espressione della volontà di sopravvivenza di una burocrazia di partito, e alimenterà ulteriori divisioni, confusioni e debolezze dello schieramento potenzialmente alternativo a coloro che governano.