Tornato a Roma, sono ovviamente in casa (salvo la corsetta mattutina, in una città non propriamente deserta…), in preda a sentimenti oscillanti.
Razionalmente penso con convinzione che sconfiggeremo il nemico tanto prima e meglio, se ci sarà l’impegno di ognuno di noi. Il che significa rigoroso rispetto delle misure di legge, ma anche curiosità, apertura e disponibilità verso i cambiamenti che ci vengono imposti dalle cose. Sarà una considerazione banale, rozzamente olistica, ma mi figuro che andrà tutto bene se prevarrà in ognuno una grande carica positiva, da far vivere nella inedita vita quotidiana di questi giorni.
Nello stesso tempo, non vi nascondo che – almeno in me – la reclusione genera nelle prime ore una sorta di straniamento. Una vaga ma ricorrente sensazione di inutilità, un vuoto che impedisce che si metta in moto la macchina dei soccorsi mentali immaginati (farò questo e quell’altro, sistemerò armadio e quadri, leggerò, vedrò, ascolterò, etc…), e che non viene riempito dalle call che si rincorrono, dal profluvio di mail che annunciano eventi spostati e riprogrammati (oltre che dai Whatsapp scherzosi e ironici su virus e dintorni, di cui confesso di avere piene le palle. Non me ne mandate più, grazie). Per dirla in sintesi: mi impongo di prendere questa maledetta storia con pazienza e disincanto, nella sostanza sono incazzato nero.
Anche perché dal mio ritorno a casa, ieri sera, ho scoperto che Internet gira lento, e da stamattina esce poca acqua dai rubinetti. Il che mi ha stimolato una domanda, forse seria, che vi giro: ma non è che dipende dal fatto che siamo improvvisamente tutti chiusi nelle case, che c’è un problema di distribuzione dei carichi sulle reti, non predisposte ad una emergenza del genere? Risulta agli espertoni? Nel caso, i gestori delle infrastrutture si stanno attrezzando?
Un attimo dopo, per una bizzarra associazione, mi è venuta in mente una fantastica scena di “Ricomincio da tre”, con Massimo Troisi che, reprimendo un furioso attacco di gelosia, chiede placido alla sua ragazza: “Scusa Marta, come si chiama quello che ha inventato la penicillina (absit iniuria verbis)? Stavo nel bagno e non pensavo ad altro…”. E ho concluso che di una connessione più lenta e di un filo d’acqua in meno possiamo fottercene, al momento. Maiora premunt.