Il mestiere più antico del mondo (che non è quello a cui state pensando) si è sempre nutrito di contatti personali, scambi intensi e rapporti ravvicinati. Fin da quando, agli albori dell’umanità, la socialità del sapiens fece il suo primo grande passo avanti grazie alla differenziazione e alla specializzazione delle produzioni, allo scambio di beni, e quindi alla nascita del mercato, allo scontro, all’incontro e – un attimo dopo – alla rappresentanza degli interessi. Dando vita a quell’attività che oggi chiamiamo lobbying. Espressione che viene da lobby, che sta per atrio, anticamera, corridoio: i luoghi dove parlamentari e rappresentanti di diversi interessi cominciarono ad incontrarsi in epoca moderna, prima che nelle aule si prendessero le decisioni.
Ancora oggi è così. I lobbisti fanno tante cose importanti: studiano leggi e procedure, e se sono bravi le conoscono meglio dei decisori; monitorano accuratamente lo svolgimento dei lavori parlamentari e gli orientamenti di coloro che possono influire su una decisione; mettono a punto provvedimenti, emendamenti che possano fare gli interessi di coloro che rappresentano. Poi si vedono, si incontrano, parlano con i decisori. Nel corridoio dei passi perduti – il famoso Transatlantico – se si possiede l’agognato badge appannaggio della castina dei giornalisti parlamentari; in Corea (nomignolo attribuito ad un altro corridoio della Camera), dove da qualche tempo ai lobbisti è stata destinato un ufficio ad hoc; o altrove, nei bar o nei ristoranti vicini ai palazzi del potere, per evitare la seccatura burocratica di firmare su un registro di cui si stanno dotando diversi ministeri: foglia di fico buona per mettersi l’anima in pace e magari aggirare gli agguati del micidiale “traffico di influenze illecite”.
Tutto questo finirà dopo la full immersion digitale che stiamo vivendo da due mesi? Quello che so è che scrivo questo post mentre partecipo in contemporanea ad un incontro molto interessante, promosso da Utopia, in cui decine di aziende stanno ponendo al viceministro Laura Castelli una gran quantità di problemi, che si spera il governo possa affrontare positivamente nei prossimi decreti. Le aziende stanno quindi facendo lobbying digitale. In forma esplicita, propositiva, trasparente. Il decisore interloquisce e risponde (nel caso specifico anche con competenza: il che non sempre avviene). Il tutto si svolge impiegando meno tempo, perché in videocall la gente si sente impegnata a parlare il giusto, e con una concretezza che negli incontri ravvicinati tende a disperdersi.
Il mestiere più antico del mondo cambierà, dal giorno dopo. Ne parleremo nel post di domani. (1.continua)