Non ho fedi e non sono fedele. Non ho fede religiosa: sulle complessità della vita tendo ad interrogare […]
Alfano
Dal Foglio di oggi, questo bellissimo colloquio di Emanuele Macaluso con Merlo (Salvatore, quello giusto). Leggetelo, e capirete perché a volte la nostalgia (per la politica che fu) può farsi strada anche nel più incallito dei rottamatori, come il sottoscritto. (Certo, con Matteuccio è proprio cattivo, e forse esagera, Emanuele…)
Roma. “Si può votare, si può votare benissimo con il sistema proporzionale che ci ha restituito la sentenza della Corte costituzionale. Il maggioritario in Italia ha fallito, la Repubblica è rimasta parruccona e ingovernabile. Napolitano credo si dimetterebbe, meglio questo che un altro pasticcio”.
Il post che, per pigrizia, non ho scritto ieri (in compenso ho visto un delizioso Polanski: correte al cinema), lo ha scritto Pigi Battista – un giornalista vero – stamattina sul Corriere. Glielo rubo e ve lo giro, sottolineando quelli che – a mio avviso – sono i due aspetti centrali di tutta la ventennale vicenda: 1) un leader è tale se aggrega, convince, mobilita, ma poi è capace di includere, sintetizzare, selezionare, gestire, promuovere, governare. Qui il fallimento di Berlusconi è stato totale, la semplice cronistoria lo dimostra; 2) i voti ce li ha lui.
Ora che la lunga vicenda della decadenza di Berlusconi sta per concludersi – e con essa la carriera politica del Cavaliere – proprio in questo momento il solitamente prudente capo del governo indossa le penne del pavone in Tv: “Chiusa la stagione politica di Berlusconi”, dice, prendendosi l’infastidito rimbrotto di Alfano (“Nessuno interferisca”).
Dunque. Non si pagherà l’Imu, ma arrivano nuove tasse su alcol, tabacchi e giochi e, dall’anno prossimo, ci […]
“Guarda, Enrico, la situazione è difficile, quello dà i numeri… le pazze che c’ha intorno lo aizzano…”. “A […]
Devo dirlo, anche se non sta bene. Tutto questo impegno del governo sui temi “civili” mi sembra un […]
1) Non penso che Marina Berlusconi sarà candidata dal Pdl (o da quello che diventerà) alla leadership del paese; 2) se dovesse esserlo, non penso che vincerebbe le elezioni, quando ci saranno; 3) spesso sbaglio previsioni.
1) Mi sembra impensabile che una leadership che può non piacere, ma indiscutibile come quella di Silvio, possa essere trasferita d’emblée sulla figlia. Non conosco la signora. Da quello che se ne sa, viene descritta come una donna tosta, capace di governare aziende. Bene, sono doti che non bastano.
Dal Corriere di oggi.
Francesco De Gregori, sono sei anni, da quando in un’intervista al «Corriere» lei demolì la figura allora emergente di Veltroni, che non parla di politica. Che cosa le succede?
«Succede che il mio interesse per la politica è molto scemato. Ha presente il principio fondativo delle rivoluzioni liberali, “no taxation without representation?”. Ecco, lo rovescerei: pago le tasse, sono felice di farlo, partecipo al gioco. Però, per favore, tassatemi quanto volete, ma non pretendete di rappresentarmi».
Cos’ha votato alle ultime elezioni?
«Monti alla Camera e Bersani al Senato. Mi pareva che Monti avesse governato in modo consapevole in un momento difficile. Sono contento di com’è andata? No. Oggi non so cosa farei. Probabilmente non voterei. Con questo sistema, tanto vale scegliere i parlamentari sull’elenco del telefono».
Boccassini, Berlusconi e la sinistra razzista. Parla Velardi