Come prevedibile, stamattina tutti si sono risvegliati dal lungo torpore, strappandosi i capelli per la grecizzazione del Sud […]
Fondi europei
Tra le buone notizie di giornata poco valorizzate, va segnalata – uso le parole del Foglio – “l’uscita […]
Bagnoli è il vero buco nero di questo quindicennio napoletano. Su quei 330 ettari di macerie urbane, dal 1993, si sono costruiti a Napoli sogni, speranze, aspettative. Si è speso molto tempo in interminabili dibattiti, e altrettanto ce n’è voluto per consumare amare delusioni. Sui suoi due chilometri di costa, più che altrove, è naufragata la credibilità della classe dirigente cittadina.
A Bagnoli la politica napoletana si è sfidata ai massimi livelli. Lì la vecchia sinistra – dopo aver resistito contro ogni ragione alla chiusura della Fabbrica – voleva sostituire il mito operaio con una nuova Arcadia. Lì si è misurato, nei primi anni della sinistra di governo, uno scontro aspro e nobile tra due concezioni opposte dello sviluppo urbano: quella liberale di Roberto Barbieri e quella pubblicistica e dirigista di Vezio De Lucia. A Bagnoli il lobbismo ideologico degli ambientalisti ha dato il meglio di sé, riuscendo a condizionare il futuro dell’area, sconfiggendo inesorabilmente l’esangue riformismo napoletano. Intorno a Bagnoli le culture e le competenze cittadine hanno mostrato – nel loro insieme – un’imbarazzante povertà.