Dopo l’elezione di Ciampi siamo un po’ tutti stanchi. Bisogna ridefinire la prospettiva strategica e politica dell’alleanza di centro-sinistra. Nel fine settimana domina lo scontro D’Alema-Prodi. Si vedono a palazzo Chigi e dopo venticinque minuti di dialogo sull’Europa si scazzano sull’ltalia e si lasciano così. Santagata racconta a Latorre dello sconcerto di Prodi appena uscito dall’incontro. Poi sono i giornali a raccontare: Stampa, Repubblica… non dobbiamo ficcarci dentro queste storie. Bisogna stare un gradino più su.

Scrivo su un nuovo computer, che ha pure il carattere euro, che non so ancora usare. D’Alema è tornato dalla Puglia e si lamenta di Cascella. Succede così con tutti i suoi addetti stampa, dopo un po’. Spero che il problema non cresca a dismisura.

Prodi è presidente della commissione europea. Grande risultato di D’Alema, architetto geniale, devo confessare. Prodi in Europa è la svolta: non c’è più il convitato di pietra della politica italiana, l’Asinello è politicamente morto, Veltroni non ha più sponde, il governo D’Alema non ha alternative.

D’Alema porta a casa un ottimo risultato sull’Agenda 2000. Nel frattempo  scoppia  la  guerra,  e venerdì  il  governo ottiene la fiducia alla Camera e al Senato tra mille casini. Abbiamo una notevole sfiga, però ce la battiamo bene. Ora è sabato mattina e stiamo progettando un’offensiva di pace. Si parlerà con Clinton, successivamente con i membri del gruppo di contatto, e si cercherà di chiedere per la prossima settimana di Pasqua la sospensione dei bombardamenti e la ripresa dei negoziati.

Grazia Volo, moglie di Liguori, incontrata in America e nuovo difensore della Baraldini, sta mandando una lettera a Diliberto. Le ho detto che il 5 marzo, quando D’Alema vedrà Clinton, vogliamo realizzare l’obiettivo di riportarcela in Italia. Lavoreremo intensamente per questo.

Lunedì 18 sera vediamo Prodi e Parisi a cena, a casa della commercialista di Gabrielli. Una casa piena di cani (quadri, ninnoli, sedie, poltrone, disegni, etc…) e con le pareti di legno verde. Prodi interloquisce all’inizio, poi si addormenta. Parisi dice assurdità con l’unico obiettivo di fare la guerra ai suoi amici di sempre, i democristiani Mastella, Cossiga, Mattarella, etc… D’Alema cerca di convincere Prodi a non presentarsi alle elezioni, pure in presenza della lista da lui promossa con Di Pietro e i sindaci. La serata è moscia, si ravviva solo nel finale quando torna l’accusa a D’Alema di aver complottato contro Prodi. Lui risponde che in quei giorni stava pensando a Linda ed al suo tumore. Parisi e Prodi accusano il colpo sul momento, poi con il loro tipico cinismo la simpatica discussione riprende.

Il prossimo fine settimana Ocalan dovrebbe essere spedito via (dove non lo so e non voglio saperlo). Se ne occupano Minniti, Latorre e Cuillo.

Dipartimenti da rifare. De Ioanna ritarda, blocca, impedisce, e noi cerchiamo di cambiare qualcosa. È il tema eterno della burocrazia.

Ora (16 dicembre) la situazione politica comincia a preoccupare. I Ds di Roma hanno attaccato violentemente Rutelli per il voto romano e lui ha risposto per le rime. I Ds sono scemi, perché l’attacco fatto ora è insensato. Anche se Rutelli è quello che è. Detto questo, il problema è che il governo dovrebbe sopravanzare con una forte azione riformista il teatrino politico. D’Alema dovrebbe essere in grado di dire: questa è la mia politica, il resto non conta. Una sorta di discorso alla politica italiana, questo ci vorrebbe. Per esempio si potrebbe fare a gennaio, istruendo bene la pratica, un’assemblea dei gruppi parlamentari della maggioranza per l’attuazione del programma di governo .

Giorni grigi: si cerca di realizzare il patto del lavoro (siamo al 14 dicembre), si lavora per districare l’affare Mose, l’affare Ocalan, l’affare scuola, l’affare 513, ma non ci schiodiamo. Il governo lavora benino, conquista una faticosa sufficienza, ma non va oltre. Il massimo sforzo per il minimo risultato.

Colaninno ha prima chiesto un appuntamento tramite Bersani, e poi ha visto D’Alema lunedì 14, sempre insieme a Bersani. Ha detto di aver ricevuto credito da un pool di banche americane per 40 miliardi di dollari. Con questi soldi lancerà un’Opa per l’acquisto del 25% di Telecom, pagano le azioni il 30% in più. Poi venderanno Tim (dove vogliono spedire Bernabé) magari ad Agnelli, acquisendo il controllo totalitario, venderanno Omnitel a Bendelsmann (un italiano – tipo Caltagirone – potrebbe prendere il 10%), e si candideranno per il 4° gestore della telefonia, utilizzando le ultime tecnologie (telefonino satellitare, etc…). Colaninno lavora con un gruppo di imprenditori del Nord-Est.

Ho parlato duro con D’Alema, dopo che Veltroni mi aveva  indirettamente  rimproverato  di aver nominato  capogruppo europeo Burlando. Ero andato da lui per parlargli con calma dello staff e del suo funzionamento, mi sono incazzato e gli ho fatto una sfuriata. Mi pare la abbia accolta comprendendone  i motivi. Abbiamo  deciso di fare una riunione per capire come dobbiamo funzionare. Si vedrà. Ne ho avuto anche per Marchini, che lui è andato a visitare nel fine settimana.  Gli ho  detto omissis, lui  ha confermato: “E’  dell ‘Opus Dei”.  Quando  ci  siamo  sentiti, domenica mattina, mi ha raccontato una battuta simpatica. Marchini aveva trovato un fungo. Lo aveva definito un “ex-porcino”. Lui gli ha detto: “Attenzione, perché se gli ex-porcini sono come gli ex-comunisti, si sa che cosa erano, ma  non si sa cosa sono diventati”. Fine. La settimana forse comincia bene, in un buon clima politico e meteorologico.

Martedì 3 D’Alema si incontra con le forze sociali, e l’avvio è ottimo. Ma la notizia viene sommersa dal voto sulla commissione per Tangentopoli, poi ci sono i sindaci che fanno il loro movimento, la discussione sulla legge elettorale… insomma il fatto non viene valorizzato. È un difetto della nostra comunicazione, in parte anche voluto perché D’Alema vuole partire basso, ma la cosa mette anche in rilievo altro. D’Alema è per tutti il leader politico, non solo il capo del governo. Quindi gli viene addebitato ogni fatto politico: il dialogo con il Polo è questione sua, i sindaci polemizzano con lui. Come si evita tutto ciò? lo penso che il problema sia sopravanzare il teatrino politico con la concreta attività di governo. Questo c’è da fare. E, anche, darsi una teoria all’altezza. Non so se è il caso di farlo  all’assemblea congressuale, venerdì prossimo, forse lì no, ma bisognerà farlo alla prima occasione, con uno scritto, un saggio, un articolo, che affronti i temi fondamentali della politica oggi.

Da giovedì 22 ottobre sono a palazzo Chigi, nell’ufficio più  grande. Me lo sono preso fottendolo a Minniti , anche se è  eccessivo e scomodo. Dovevo evitare che intorno a D’Alema circolasse troppa gente. Sabato e domenica sono a Klagenfurt con il presidente ed una corte di miracoli di diplomatici e cortigiani: gente inutile, a volte dannosa. Al ritorno, in aereo, facciamo il piano per la prima settimana. D’Alema sembra ben intenzionato: ha fatto bella figura al vertice, ora vuole darsi da fare. Naturalmente dovrà radicalmente cambiare il suo modo di lavorare. Ne sarà capace?

Vi posto a puntate (ogni mattina, ore 8) una specie di diario (riletto, lo trovo assai ingenuo…) che tenni per un po’, all’epoca del governo D’Alema. La sera, o quando mi incazzavo perché non funzionava niente, o quando non avevo voglia di fare niente, buttavo giù appunti. Come sempre, lo facevo per un po’, poi mollavo, poi riprendevo. La mia incostanza classica. Ho solo sbianchettato qualcosa: ci troverete degli omissis. Ma riguardano solo persone gratuitamente offese.

Venerdì 16 ottobre 1998. D’Alema sta per mollare l ‘incarico di fronte alla difficoltà di mettere insieme Cossutta e Cossiga. Dopo aver incontrato Caltagirone tomo a Botteghe oscure e il quadro si va rapidamente evolvendo. Alle 13 Cossiga dichiara esplicitamente che vuole stare in maggioranza. Da allora la strada è in discesa. Alle 18 e 30 D’Alema va da Scalfaro (gustosi i preparativi, con il prefetto Immelli che arriva a Botteghe Oscure e si fa vedere da tutti i giornalisti, malgrado le mille precauzioni, e D’Alema che raggiunge il Quirinale su una Punto), la sera siamo a casa sua, io, Nicola e Cuperlo a fare il governo. Sono le 4 e 30 di sabato, comincio a pensare che l’avventura sta partendo. Il mio lavoro, dopo la pausa all’Unità, torna ad essere quello di sempre. È una condanna, un destino, o è quello che in realtà voglio fare?