Il clamoroso incidente sugli scatti di anzianità degli insegnanti è solo l’ultimo dei pasticci combinati da un governo che non ha né prospettiva né maggioranza politica né leadership né idee né programmi né personale all’altezza, e sta in piedi solo perché – per contingenze varie – non può essere subito accomodato alla porta. E senza alcun rimpianto.
Letta
Mi chiedo perché colui che ritengo il migliore commentatore politico italiano ce l’abbia tanto con Matteo Renzi. Antonio Polito è mio amico da decenni. E’ stato da ragazzo militante e giornalista comunista, ha poi sciacquato i suoi ruvidi panni di appartenenza facendo carriera a Repubblica, completando il dirozzamento nella swinging London di Toni Blair, e costruendo poi quel gioiellino che è stato il “Riformista”. Ha compiuto così, con travaglio personale e buone letture, un percorso che condivide con la gran parte dell’attuale classe dirigente del paese.
Letta, Presidente del Consiglio: “Per la prima volta le istituzioni nazionali affrontano l’emergenza terra dei fuochi”. Realacci: “Provvedimento importante, permetterà di affrontare meglio l’emergenza bonifiche”. Di Girolamo, ministro delle Politiche agricole: “Ok al decreto sulla terra dei fuochi in Consiglio dei ministri”. Orlando, ministro dell’ambiente: “Approvato decreto Terra dei fuochi, afferma un principio fondamentale: tutela ambiente è tutt’uno con lotta alla criminalità organizzata”. Romano, presidente del Consiglio regionale della Campania: “Un’ottima notizia per la Terra dei Fuochi: il Governo ha approvato il decreto legge, è una svolta per l’ambiente in Campania”.
L’ha scritto il mio amico Umberto Minopoli. Tutto giusto, compreso l’appello finale benjaminiano: guardiamole un attimo sul serio queste macerie, e capiremo cosa e come ricostruire.
Guardo ai numeri del declino italiano. Guardo a un Paese che non cresce piu’ da oltre vent’anni ( inedito in Occidente ). E dove la vita nel secolo XXI si avvia ad essere peggiore dell’ultimo trentennio del secolo XX. Guardo alla competitivita’ che scende, alla produttivita’ che scivola agli utimi posti delle classifiche mondiali. Guardo alle tasse che sono le piu’ alte del mondo.
Ora che la lunga vicenda della decadenza di Berlusconi sta per concludersi – e con essa la carriera politica del Cavaliere – proprio in questo momento il solitamente prudente capo del governo indossa le penne del pavone in Tv: “Chiusa la stagione politica di Berlusconi”, dice, prendendosi l’infastidito rimbrotto di Alfano (“Nessuno interferisca”).
Se salgo su un treno o su un aereo, voglio che arrivi puntuale a destinazione e che – in cambio di un servizio dignitoso – si paghi il meno possibile. Se parlo a telefono, pretendo che la linea non cada sotto il primo ponte e che – sempre in cambio di un servizio dignitoso – si paghi il meno possibile. E così via.
Arriva un signore dalla Finlandia, commissario europeo agli Affari economici, e dice: 1) la decisione di abolire l’Imu non è stata in linea con le indicazioni europee; 2) l’Italia è come la Ferrari, però il talento non basta.
Due cose di puro buon senso (che l’abolizione dell’Imu sia stata una sciocchezza, lo dimostrerà di qui a poco l’aumento Iva, che si aggiungerà alle altre tasse già arrivate. Che non bastino talento e inventiva ad un paese, è una semplice ovvietà), dette con la serietà tipica di questa gente del Nord (non è il caso di elencare i record che la Finlandia sta inanellando in tutti i campi).
Sarà che lo intervista Cazzullo, che è intelligente. Sarà che invecchiando si diventa saggi. Fatto sta che il peggiore di tutti i telecazzari dice cose misurate e di buon senso. Ecco il testo, scaricato dal Corriere.
Michele Santoro, la prossima settimana riparte Servizio pubblico. Ma i talk show non sono morti?
«Lo si sente dire spesso. È una stupidaggine assoluta. I talk show sono un genere eterno. Semmai sono morti i reality, che davano a chiunque l’illusione del successo, anche se l’ascensore sociale era già fermo. La crisi ci ha riportati alla realtà. E nessuna trasmissione riesce a restituire le tensioni sociali con l’immediatezza del talk. Cosa si è messo a fare nell’esilio moscovita Assange, lo svelatore dei segreti del mondo? Un talk show».
Anche in Italia non si scherza: una volta eravate in tre, lei Vespa e Lerner; ora siete in trenta.
I giornali: “Applausi e lacrime dopo 19 ore di lavoro”; “Le sirene suonano a festa”; “La gioia della […]
Sì, il format funziona. Sono bastati pochi mesi, e il popolo è stato rapidamente e tutto conquistato, le diffidenze scomparse di fronte alla potenza del sempre identico, il militante di nuovo ammaliato da chi promette vittoria, garantendo unità, battute salaci e foto ricordo (tutto già visto, comprese le vittorie, che non sono affatto mancate, nei 20 anni che ora per comodità definiamo berlusconiani).