Sting – “I Hung My Head”

Nel gioco fesso del “ma in fondo, quale è il tuo vero sogno?”, a un certo punto il nostro dichiarava: “Suonare le tastiere in un concerto di Sting”. Nei rifluenti anni 80, finita la gloriosa stagione del prog rock, i Police erano stati per qualche anno l’ultima trincea della buona musica pop. E, quando Gordon Sumner cominciò a fare da solo, i primi risultati furono indiscutibili. Faceva musica di gran classe: belle melodie e arrangiamenti finissimi. Poi, da un certo momento, cominciò il lento scivolamento: più nulla di sporco, vero e cattivo, come il rock imporrebbe; una evidente tendenza a confezionare solo pezzi glamour, leccati, platinati. HP, per tutti, cita “Whenever I Say Your Name“, uno dei migliori pezzi di world music degli ultimi anni, preso di sana pianta, nella sua struttura armonica, dal Piccolo preludio in Do maggiore. Di chi? Di Giovanni Sebastiano, ovviamente.

Maurice Ravel – Concerto per pianoforte e orchestra in Sol, 2° movimento (Adagio assai)

Benedetti siano i secondi movimenti. Gli autori li scrivono per farsi perdonare. Dopo avere esposto tutta la mercanzia in primi movimenti spesso declaratori, supponenti e autoreferenziali, concedono a noi poveri mortali pause di puro piacere. I secondi tempi dei Concerti (scritti in forma di Adagio, di Largo, di Larghetto) sono brani che chiedono solo di essere ascoltati e goduti. Riecheggiano in maniera sufficientemente vaga i temi principali, e quindi ti liberano da ossessive e a volte capotiche modulazioni. Stemperano lo “scontro” tra il solista e l’orchestra, e la caduta di tensione esalta la serena centralità di melodie semplici, suadenti e accattivanti.

Radiohead
“Life In A Glass House”
(da “Amnesiac”, 2001)

Il povero cristo nato nel 1954, a un certo punto, aveva dovuto dichiarare morta la musica pop di qualità, passando con figli e amici dei figli come il più lamentoso e ottuso dei nostalgici. Ma non poteva fare altrimenti. Aveva fatto dignitosissimo apprendistato nei primi anni ’60, prima con un po’ di buon Sanremo (oh, aveva 10 anni, non di più) e poi con Beatles e Rolling, oltre che con tante, tantissime cover, sia pure tradotte con i piedi.