Prodi è presidente della commissione europea. Grande risultato di D’Alema, architetto geniale, devo confessare. Prodi in Europa è la svolta: non c’è più il convitato di pietra della politica italiana, l’Asinello è politicamente morto, Veltroni non ha più sponde, il governo D’Alema non ha alternative.

D’Alema porta a casa un ottimo risultato sull’Agenda 2000. Nel frattempo  scoppia  la  guerra,  e venerdì  il  governo ottiene la fiducia alla Camera e al Senato tra mille casini. Abbiamo una notevole sfiga, però ce la battiamo bene. Ora è sabato mattina e stiamo progettando un’offensiva di pace. Si parlerà con Clinton, successivamente con i membri del gruppo di contatto, e si cercherà di chiedere per la prossima settimana di Pasqua la sospensione dei bombardamenti e la ripresa dei negoziati.

Quindi abbiamo un Papa che parla con il mondo, non con i media: questa è la notizia. Ma Accattoli sbaglia a preoccuparsi. Se ognuno imparasse davvero a fare il suo mestiere, tutto potrebbe funzionare meglio.

Se Francesco – poniamo – avesse risposto in aereo ai giornalisti sullo Ior e sulla “lobby gay”, avrebbe scatenato – come lo stesso Accattoli ammette –  “la polarizzazione che è in agguato e che fino a oggi è riuscito a tenere bassa proprio con la disciplina della riservatezza”. Traduciamo: avrebbe reso più difficile la soluzione di due dei più complessi problemi di governance che al momento ha di fronte.  Avrebbe “comunicato con i media secondo le regole dell’informazione di massa”, e avrebbe aumentato il caos in casa sua.