La spirale del silenzio

Provate a intavolare una discussione in un luogo pubblico (o anche in una serata tra conoscenti) sul referendum. Sarete sommersi subito da un vociante coro di No. I Sì – quando li sentirete – vi appariranno fievoli, intimiditi. Qualcuno se la caverà dicendo “ci devo ancora pensare”, molti taceranno smarriti. Se dovessimo basarci sulle opinioni random, non ci sarebbe storia. Nella chiacchiera pubblica percepiamo il No molto più avanti che negli stessi sondaggi, dove invece il vantaggio risulta contenutissimo (e la cosa ci stupisce, proprio perché “sentiamo” poco il Sì tra la gente).

Quali sono le dinamiche sociologiche, comportamentali e psicologiche che scattano negli individui in circostanze simili? Perché alcune opzioni risultano più “dicibili” e pubblicamente spendibili di altre? Ce l’ha spiegato, in anni ormai lontani, una straordinaria ricercatrice tedesca, Elisabeth Noelle-Neumann, partendo da approfondite analisi sulla formazione dell’opinione pubblica, sul potere dei media e sui comportamenti politico-elettorali.

Il punto di partenza – cerco di farla facile –  è che tutti gli esseri umani temono l’isolamento sociale, e fanno l’impossibile per evitarlo. Per questo esprimono liberamente le loro opinioni se le ritengono condivise, non lo fanno se temono che siano impopolari. La paura di essere criticati dagli altri, il desiderio di essere parte di uno schieramento vincente, la voglia non restare isolati dal proprio gruppo sociale: sono i motivi per cui un individuo non convinto delle ragioni altrui e timoroso di esporre le proprie, si rinchiude in quella che la Noelle-Neumann definisce la “spirale del silenzio”.

Già. Ma come si forma questa “opinione pubblica” conformista e pervasiva che spinge al silenzio i dissenzienti? Qui un ruolo fondamentale lo giocano i media. Per dirla in sintesi: i media decidono la gerarchia delle notizie, la cosiddetta agenda setting sulla base di quella che immaginano essere l’opinione diffusa (generalmente la più semplificata, la più appetibile, la più “populista”, etc…). Gli individui esprimono la loro opinione sulla base dell’agenda setting proposta dai media. I media trovano la conferma della loro agenda nelle opinioni dei cittadini. E così all’infinito, in un gioco di rimbalzi che rafforza il vociare dell’opinione dominante e approfondisce la distanza con chi la pensa diversamente.

Poi, alla fine, arriva il momento della verità, quando i cittadini devono esprimere la loro opinione nel segreto dell’urna. E spuntano le sorprese che – proprio in ragione di questi complessi fenomeni comportamentali e psicologici  – quasi sempre smentiscono previsioni e sondaggi.