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Il corto circuito dell’incertezza nel pezzo di Dario Di Vico sul Corriere di stamattina.

Se c’è un impianto che in Italia lavora tutti i santi giorni e su tre turni è la fabbrica dell’incertezza. A farla girare a pieno ritmo concorrono molti soggetti, che magari agiscono in contrasto tra loro ma che alla fine producono nel cittadino un diffuso sentimento di smarrimento e di oscuramento del futuro. Prendete l’ultimissimo caso, la trasformazione dell’acronimo che sta a indicare la nuova Service tax: da ieri sappiamo che non si chiamerà più Trise bensì Tuc.

L’alata opinione di Vittorio Grilli. Un mare di chiacchiere per concludere con la solita cazzata ipocrita e autoassolutoria dell’evasione fiscale. Per il resto ci pensino a Bruxelles. Noi non siamo in grado, dice uno che ha fatto il ministro in Italia. (dal Corriere di stamattina).

Il cammino che porta alla crescita passa per una tappa fondamentale: la riduzione delle tasse. In un Paese a forte debito come il nostro, questo significa riuscire a tagliare la spesa pubblica. Un obiettivo sempre ribadito dagli ultimi governi ma che non ha dato i risultati sperati. Non si tratta solo di poco impegno degli esecutivi o scarsa volontà del Parlamento o azioni di sabotaggio da parte della burocrazia.

Negli anni della cosiddetta Seconda Repubblica, gli ultimi venti, l’Italia ha perso ricchezza, gli italiani hanno perso reddito, e molto (il 14%). L’Italia, gli altri no, cristo. L’America è cresciuta, gli altri paesi della zona Euro – anche i peggio messi – hanno mantenuto le posizioni: i dati di Eurostat e del Fondo monetario riportati stamattina da A&G sul Corriere sono chiari, indiscutibili.

L’editoriale di Panebianco sul Corriere di stamattina. Come dargli torto?

Le reazioni del partito della spesa pubblica di fronte alla affermazione di buon senso, e inoppugnabilmente vera, del viceministro all’Economia Stefano Fassina secondo cui esiste, accanto a una evasione indotta da avidità e mancanza di senso civico, anche una evasione fiscale «di sopravvivenza», sembrano dettate dall’arroganza: quella tipica arroganza che è propria di chi, ritenendosi fortissimo, può permettersi il lusso di ringhiare davanti a qualche timido distinguo dalla linea dominante e vincente.
C’è il forte sospetto che sia ormai inutile continuare a ripetere, come facciamo da anni, la solita litania: «Bisogna ridurre la spesa pubblica al fine di abbassare le tasse e rilanciare così la crescita».

Stamattina Bini Smaghi ha scritto sul Corriere della sera. Vi posto il pezzo perché è di indiscutibile chiarezza. L’indovinello è: a due anni da questa lettera cosa è stato fatto e cosa no dai nostri beneamati governi? (se non volete leggere tutto andate direttamente al punto 6).

Caro direttore,

il suo editoriale del 24 luglio scorso invita giustamente a non perdere la memoria di quello che è successo circa due anni fa, dopo che la Bce scrisse una lettera al governo italiano per chiedere misure incisive per superare la crisi. Vorrei fornire qualche precisazione al riguardo, dal punto di vista di chi contribuì a scrivere quella lettera.