Sono passati trent’anni dalla sua ascesa e dieci dalla sua morte, ma odio e risentimento nei suoi confronti restano identici, e non scompariranno. Inutile sperare che coloro che lo hanno violentemente combattuto, “riabilitino” – come si dice con espressione cupa e staliniana in sé – colui che più di ogni altro ha toccato i nervi scoperti della sinistra, ha distrutto il campionario di luoghi comuni su cui si costruivano cortei e carriere. Si tratterebbe di “portare a coscienza” gigantesche rimozioni collettive: non basterebbero eserciti di psicanalisti.
I giudici in realtà sono arrivati alla fine della sua epopea, e solo per ratificare la sentenza che la sinistra aveva già emesso: avete visto, avevamo ragione noi (la “questione morale”!): non era soltanto cattivo, era pure un delinquente. Dunque, lasciamo riposare in pace il Cinghialone. E, se vogliamo parlare a sinistra di giustizia, proviamo a ripartire – per esempio – da Del Turco.
E’ su Del Turco che i dirigenti della sinistra di oggi (D’Alema, Veltroni, Bersani e gli altri), dovrebbero dire una parola. Invece tacciono tutti, vigliaccamente. Hanno taciuto 18 mesi fa, quando Del Turco fu arrestato e accusato di tutto, persino di “associazione sovversiva”, sulla base di “accuse schiaccianti”. E tacciono oggi, quando si scopre che quelle accuse erano prive di fondamento. Sanno solo usare le note, ipocrite formulette (“Aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso”; “Abbiamo fiducia nella magistratura”). Neppure una parola (e neppure un briciolo di umanità) nei confronti di uno dei fondatori del Pd, presidente della Regione Abruzzo, eletto democraticamente e cacciato in una notte dal signor Trifuoggi, Torquemada di turno alla procura di Pescara. Il quale non risponderà a nessuno della falsità delle sue accuse, dopo aver distrutto reputazione e futuro di Del Turco.
Ora, la domanda è secca: è mai possibile che una sinistra appena decente, un partito che abbia vagamente a cuore i diritti delle persone, non dica una parola su questa vicenda (come su mille altre del genere)? E’ mai possibile che la sinistra, nata per cambiare il mondo, affidi ormai il proprio destino ad una corporazione che ha come unico obiettivo la difesa dei propri inauditi privilegi? E’ mai possibile che il sistema tutto debba sottostare ai ricatti esercitati da una casta che usa la politica come in un gioco di sliding doors, distruggendo e salvando secondo i propri capricci? E’ mai possibile che la tragedia di Tangentopoli – la tragedia del riformismo italiano – non abbia ancora insegnato nulla?