La sinistra e la Casta

La Casta della rendita e dei burocrati ha detto la sua ieri pomeriggio, intorno alle 18. Con il suo solito, straordinario tempismo, la Corte Costituzionale è intervenuta nella campagna referendaria bocciando parti qualificanti della riforma Madia con un tipico cavillo da azzeccarbugli (ci vuole l’intesa con le Regioni, non basta il parere), utilizzando i principi costituzionali dettati dall’attuale sciagurato titolo V, quello che possiamo finalmente cambiare con il referendum. Una sentenza emblematica, che dimostra quanto sono potenti le resistenze conservatrici al cambiamento, e grida una fortissima ragione in più per il Sì al referendum. Niente che già non sapessimo, per quello che mi riguarda. Ma ieri sera il mio Sì si è moltiplicato per mille, e spero quello di tanti.

Poi stamattina ho incontrato per strada un vecchio compagno della sezione “1° maggio” che non vedevo forse da trenta anni, e subito si è parlato di referendum. “Io voto No, Velardi. Non mi fido…”. Gli ho chiesto le ragioni della sfiducia (“da tanti anni solo chiacchiere, delusioni, divisioni…”). Abbiamo conversato con serietà e affetto, gli ho detto delle mie ragioni, ho insistito sui temi della lotta alla burocrazia, ai poteri chiusi e arroccati, non (solo) perché fossero di giornata, ma perché a me sembrano davvero cruciali nel voto del 4 dicembre. Infine ci siamo abbracciati, e ho visto nel suo sguardo smarrimento, incertezza. Forse in un quarto d’ora sono riuscito a convincerlo.

Però tornando a casa, e ora che scrivo, mi è salito un velo di tristezza. Ma che cosa è successo a quella che una volta era la mia grande famiglia, la sinistra italiana? Come abbiamo fatto a  disperdere quel patrimonio umano, di cultura politica, quell’impasto di ideali importanti e concreto riformismo che ha segnato un pezzo significativo della storia di tanti di noi? E quanti errori abbiamo fatto tutti (magari anche Renzi, l’ultimo arrivato) se quella che a me oggi sembra una posizione ovvia, scontata (il Sì alla riforma), non appare tale a quel compagno che mi insegnò a mettere la giusta dose di Sichozell nell’acqua che serviva ad attaccare i manifesti, e certo non è un grand commis di Stato, non è amico di nessuna casta, non è grillino né berlusconiano, e – in fondo – vuole, proprio come me, solo una società che funzioni meglio?